E’ come una bella donna dall’anima selvaggia. Come una signora dal volto segnato da una sofferenza da cui trapela ancora però un fascino estremo che svela un carattere forte che le ha indurito i lineamenti ma senza celare la sua avvenenza. Un luogo di una bellezza primigenia che esprime il suo meglio all’alba e nei tramonti di rara spettacolarità e silenzio.

Le 55  casette sono aggrappate alla roccia su una rupe scoscesa che sembra non volere fermare la sua corsa verso il mare. In cima alla collina, all’ingresso del resort c’è la reception; al fondo si trova il ristorante “Rosa di mare”; nel mezzo una strada scoscesa dove si trovano  la piscina ,i campi da tennis, un Minimarket e uno spazio giochi per i bambini. Oltre il ristorante attraverso una ripida scalinata si raggiunge la via ciclopedonale che da un lato raggiunge Levanto – dopo circa 40 minuti di passeggiata fra scorci mare imperdibili e lunghe gallerie dove un tempo passava il treno,  dall’altra si arriva a Bonassola – in soli 20 minuti a piedi si raggiunge il piccolo borgo ma qui il tragitto è interamente sotterraneo.

 

“La Francesca” esprime il credo e la volontà di una donna forte e di carattere che nel lontano1953  s’innamorò di questo luogo e attraverso infinite peripezie dopo 8 anni riuscì a realizzare il suo sogno. La donna era Gloria Bortolotti De Poli, giornalista, scrittrice e “sognatrice” e ora suo figlio Marco ha preso il testimone per dare anima a questo luogo impervio e affascinante.  Il toponimo La Francesca era già presente nelle cronache del 1584 e nella cartografia di Matteo Vinzoni del 1722. Secondo alcune teorie il nome potrebbe derivare dalla “Via Francigena”o Francisca (perchè da e per la Francia) e quindi Francesca. Infatti è probabile che una delle tante diramazioni del cammino dei pellegrini diretti a Santiago e a Roma fendesse questo tratto collinare stretto fra i comuni di Bonassola e Levanto.  Secondo un’altra teoria l’etimologia del luogo deriverebbe da  “zona franca”. Sotto la collina ci sono diverse miniere da cui sin da tempi remoti (probabilmente già dagli etruschi)  si estraevano rame e anche pirite aurifera. In passato tutte le zone in cui vi erano miniere erano considerate esentasse o zone “franche” (appunto) poichè luoghi in grado di produrre ricchezza al paese . Per questo l’intera collina, considerata come zona franca, probabilmente veniva comunemente chiamata “la franca” o “La Francesca”.  La terra rossa della collina è testimone della ricchezza di rame conservata nelle sue viscere mentre i grandi massi  affioranti ancora oggi sono carichi di minerali che conferiscono a questo luogo una forza e un’energia del tutto speciale.

Le statue lignee e di pietra disseminate diventano figure ieratiche interpreti incosapevoli di un’anima arcana femminile e senza tempo che ancora si percepisce e manifesta la sua indomita forza su questa terra bella e aspra.

TURISMO PERCETTIVO: Chi ha letto il mio ultimo libro “Il Viaggio alchemico nella Geografia dell’Invisibile” sa che io amo scoprire l’anima di un luogo, la sua natura più intima in grado di svelarci i suoi segreti per meglio armonizzarsi con esso. Nel caso de La Francesca l’arcano della sua essenza sta tutto nella simbologia dell’elemento di base  della sua conformazione geologica: il rame. In alchimia questo metallo è convenzionalmente associato alla simbologia della dea Venere. E’ uno dei metalli più puri e importanti per l’equilibrio della natura e dell’uomo. Il simbolo elementare alchemico per il rame è anche il simbolo planetario di Venere, come tale, incarna le stesse caratteristiche come l’amore, l’equilibrio, la bellezza femminile e la creatività artistica. Come si evince nel simbolo – “Venere” – dell’elemento naturale che la contraddistingue – il rame – è già racchiusa l’anima “femminile” di questo luogo dove la creatività artistica abita nelle opere scultoree della galleria “en Plein air”, l’amore è quello di una donna che ha perseguito fortemente la realizzazione di un sogno e la bellezza si scopre ogni mattina e ogni sera aprendo semplicemente le finestre “sull’infinito”.

Cinzia Galletto

 

 

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